Giallo di Perledo, il fratello di Alberto Ongania scrive a Mattarella

«Per un fratello si “muovono montagne” e Lei può capire meglio di altri cosa vuol dire perdere un fratello. Senza alcuna retorica». Inizia così la commovente lettera che Renato Ongania, fratello del cinquantatreenne Alberto, scomparso dalla sua casa di Perledo lo scorso 11 novembre, ha scritto al Presidente Mattarella. Il congiunto dello scomparso ha deciso infatti di chiedere al Presidente di intervenire per far acquisire alla Procura i tabulati telefonici di Alberto, anche se non si sospetta alcun reato che potrebbe giustificare l’atto, in deroga e visto che Alberto a causa di un ictus soffre di epilessia ed è parzialmente non vedente. Dell’uomo infatti si sono perse le tracce di mattina, sulla strada verso il posto di lavoro come chef, ma si escludono allontanamento volontario o altro. Il timore è che abbia avuto una crisi e sia finito chissà dove. E intanto da mercoledì 16 novembre, le ricerche sono sospese.

La legge sulla privacy blocca la ricerca dello scomparso

«L’autorità Giudiziaria del Tribunale di Lecco, a cui si sono rivolti i Carabinieri per accedere ai tabulati telefonici, ad oggi (7 giorni dalla scomparsa) non ha autorizzato perché, nel rispetto della legge, non è possibile violare la privacy se mancano ipotesi di reato – continua Renato nella missiva – La discrezionalità del giudice ha dei paletti, ed è del tutto assente qualsiasi ipotesi di reato, quindi il magistrato, con ogni probabilità, ha le mani legate, e senza tabulati i soccorsi sono alla cieca, quindi la decisione corretta, di sospenderli già da mercoledì 16 novembre. Poiché l’allontanamento volontario di mio fratello non prefigura ipotesi di reato, nella piena legalità si sta consumando in questi giorni di attesa dei tabulati (che non verranno perché non possono essere richiesti) il peggiore dei crimini per la nostra Repubblica: l’affermazione dello stato di diritto e la negazione della vita.

Mio fratello, epilettico, non può essere localizzato perché si violerebbe illegittimamente la privacy sua e di chi lo ha contattato nelle ultime ore (cioè quando presumibilmente era in vita).La legge non prevede tutte le casistiche, non prevede deroghe per epilettici che si perdono, non prevede persone già affette da ictus che possono dimenticare chi sono. La legge per evitare abusi si connota di stupidità quando ribalta la scala di valori, la tutela della vita diventa secondaria alla privacy.

C’è solo un uomo che può aiutarci: il Presidente della Repubblica

In questo contesto emergenziale, la politica arriva tardi, ma c’è forse un Uomo, in Italia che può risolvere temporaneamente questa falla del nostro sistema. Vale per mio fratello, può valere per altri. Una deroga per gli epilettici: gli epilettici, in base al suggerimento qui rappresentato, potrebbero avere una deroga rispetto alla tutela della privacy e il magistrato potrebbe non avere le mani legate come ora.

L’ultimo appello: tutelare le persone fragili

Con profonda vergogna, Le affido le mie ultime speranze di non sentirmi impotente rispetto alla stupidità della legge che, nell’intento di salvaguardare i diritti umani (privacy delle comunicazioni), nega la tutela della vita di persone fragili. L’assegno di invalidità civile che mio fratello riceve, per la sua cecità dovrebbe essere versato alle casse dello stato, per sopperire ad un altro tipo di cecità.