Abbadia, per il 4 novembre cerimonia all’insegna della pace

Una richiesta di pace che deve “partire da ognuno di noi”. Con questo appello, domenica mattina, il sindaco di Abbadia Roberto Azzoni ha chiuso il suo discorso in occasione della commemorazione per il 4 Novembre.
Di fronte al monumento ai Caduti di via Lungolago una delegazione dell’Amministrazione, insieme alla Polizia locale, ai rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’Arma e del Soccorso degli Alpini di Mandello, ha reso omaggio ai cittadini di Abbadia Lariana caduti durante le due guerre. Azzoni ha letto i nomi di tutti i “ragazzi” partiti per il servire la Patria nei conflitti bellici e mai più tornati.
Il parroco don Fabio Molteni ha quindi fatto osservare un momento di riflessione, concluso con la Preghiera per la pace di San Giovanni Paolo II. Sabato pomeriggio una breve commemorazione si è svolta anche nella frazione di Crebbio.

Il discorso del sindaco

Grazie a tutti voi presenti e benvenuti alla celebrazione del Giorno dell’Unità Nazionale e della Giornata delle Forze Armate. In quest’occasione l’Italia commemora i caduti della Grande Guerra e unitamente tutti i caduti che hanno perso la vita per la difesa della nostra Nazione. 
Leggiamo su questo monumento un lungo elenco di nomi e cognomi, alcuni famigliari, di giovani ragazzi del nostro paese che hanno visto interrompere improvvisamente e dolorosamente i loro sogni e le loro aspirazioni nel fango di una trincea o nella polvere e nella neve di un fronte nemico. Ognuno di questi nomi porta con sé una storia di vita seppur nella freddezza della pietra che ce li presenta.
Ragazzi semplici, giovanissimi, spesso contadini, che sono stati mandati in un territorio lontano e sconosciuto a combattere per una guerra le cui motivazioni probabilmente non erano a loro nemmeno chiare e tantomeno condivise.
Ricordiamo qui questi ragazzi come eroi che per senso di dovere non hanno trovato una facile alternativa, una facile scappatoia, come troppo spesso oggi accade, all’andare al fronte, ma sono partiti. E non più tornati.
Ho la fortuna di aver conosciuto numerose persone che hanno avuto parenti stretti che hanno preso parte alla Grande Guerra. Nei racconti a loro riferiti si riporta sempre non un eroismo gonfio di retorica in cui non dobbiamo cadere, ma un eroismo umano, uno spirito di servizio oltre l’immaginabile, una paura e una fragilità nell’andare in guerra, superata da un enorme senso di dovere e rispetto verso la Nazione.
E rileggendo in questa chiave questi nomi possiamo comprendere ancora meglio l’assurdità di qualsiasi conflitto bellico. L’appello, “Mai più guerre”, oggi deve partire da noi. 
Evitando i piccoli conflitti nella vita di tutti i giorni.
Evitando l’odio gratuito e troppo spesso ostentato nei nuovi canali di comunicazione.
Evitando l’egoismo verso chi è più debole, l’indifferenza verso chi soffre. Evitando la mancanza di rispetto verso l’ambiente. 
Evitando il disprezzo verso la cosa pubblica e le istituzioni. I ragazzi che vedete qui hanno perso la loro vita pur di non andare contro la volontà della nazione. Noi oggi ci sentiamo furbi e tronfi se violiamo il codice della strada, un regolamento comunale o un’ordinanza sindacale. Dobbiamo aver più fiducia e rispetto nelle istituzioni e nelle Forze Armate che hanno giurato sulla bandiera, sulla Repubblica e sui principi della Costituzione, per adempiere con disciplina e sacrificio alle funzioni pubbliche affidate a ciascuno di loro.
Questo appello, “mai più guerra”, deve partire da questi piccoli-grandi gesti che potranno dare un senso più umano a queste commemorazioni  facendo tesoro della nostra storia e rafforzando il ricordo del sacrificio dei nostri compaesani. 
Grazie!