Rifugio Casera Vecchia di Varrone, cambia la gestione dopo più di vent’anni

Dopo oltre vent’anni di gestione il Rifugio Casera Vecchia di Varrone cambia definitivamente gestione. Il sentiero che da Premana giunge ai 1.675 metri della valle lecchese. Proprio lì, Angelo Fazzini agli inizi degli anni 2000 ricevette il rifugio dal Cai Premana. Dopo la sua prematura scomparsa qualche anno dopo, la moglie Antonella Gianola insieme alle figlie ha raccolto la sfida e ha condotto in maniera eccellente il rifugio fino poche settimane fa.

Le parole della signora Lella

«Mi mancherà la gente» afferma la signora Lella «Però ora inizio a fare tanta fatica. È l’età. E poi ora c’è troppa gente, i primi anni era più calmo»

Il cambiamento rispetto all’inizio: «Questo rifugio era conosciuto come ‘rifugio chiuso’, perché prima di noi non avevano mai aperto d’inverno, aprivano luglio/agosto ogni tanto. Noi abbiamo iniziato ad aprirlo tutti i weekend. Ai tempi non c’era internet avviato come adesso, avevamo il nostro sito perché a mio marito piaceva averlo. Facevamo un dopolavoro, diciamo. Pian piano l’attività è cresciuta, allora abbiamo deciso di prendere anche il Santa Rita. Io rimanevo qui con mia suocera [Casera Vecchia] e lui nell’altro con nostra figlia. Si riusciva a gestire perché qui c’era gente però era possibile sedersi e mangiare insieme, non era un caos come adesso. Dopo il COVID è cambiato tutto. Prima, anche se non arrivava tantissima gente, essendo soltanto in tre, riuscivamo a gestirci bene. Ultimamente purtroppo non riusciamo più ad affrontare la situazione»

Cosa non si percepisce della vita da rifugista: «Oggi arriva di tutto, purtroppo. Gente che entra coi ramponi o con i cani, si lamenta. La gente non capisce che il rifugio è piccolo. Quando telefonano e io avviso che siamo pieni, dicono che arrivano lo stesso e poi quando devono aspettare si lamentano. Preferisco avere meno coperti ma buon cibo»

Il futuro: «Sono già in pensione e ci andrò definitivamente. Faccio già la nonna. A fine anno finiva il contratto e dovevamo partecipare al bando. La scorsa estate abbiamo valutato un po’ come fare; io non me la sentivo più di fare altri tre-quattro-cinque anni, perché ormai l’età è questa. Mia figlia ha detto che senza di me non sarebbe andata avanti e allora ci siamo guardati in giro. Mia figlia ha già trovato un lavoro alla casa degli anziani, come cuoca, tre giorni a settimana, per cominciare va bene. Io invece sono vent’anni che faccio questo lavoro e non sempre si capisce che bisogna rinunciare a tutto. Ho voglia anche io di vedere il mondo. Per questo motivo ho deciso di dire basta. Mi mancherà la gente e ci siamo scambiati il numero di telefono con le persone con cui abbiamo maggiormente legato»

Il ricordo nel cuore: «L’aiuto delle persone quando è scomparso mio marito nel 2011. Mi tenevano occupata e mi mostravano l’amore ed è quello che mi ha aiutato moltissimo. Ed è stato grazie a mio marito se sono andata avanti. Lui ci teneva. Anche quando era malato in ospedale non voleva che andassi a trovarlo perché mi ricordava che era arrivata l’ora di andare al rifugio. Mi ha dato quella spinta necessaria ad andare avanti»