Il circolo ambiente Ilaria Alpi dice la sua sulla frana di Varenna

Nella giornata odierna, a seguito della frana avvenuta nella giornata di ieri presso la località Fiumelatte di Varenna, il Circolo Ambiente Ilaria Alpi ha espresso la sua opinione a riguardo: “Non scopriamo oggi di vivere in una zona ad alto rischio idrogeologico”

Non scopriamo certo ora, con la frana verificatasi oggi a Fimelatte, tra Lierna e Varenna, che viviamo in una delle aree più fragili dal punto di vista idrogeologico.
Tutto il nostro territorio, e in particolare quello afferente al lago di Como – sia nell’area lecchese che in quella comasca – è a rischio frane e smottamenti.
L’abbiamo visto nell’estate 2021 con quanto successo sulla sponda comasca – in particolare nei comuni di Laglio, Cernobbio, Blevio – in coincidenza con forti precipitazioni.
Lo stiamo vedendo in questi ultimi mesi nel territorio lecchese, prima con la frana che ha interrotto la Lecco-Ballabio, e oggi con lo smottamento che ha sfondato la volta della galleria a Fiumelatte.

Il nostro è un territorio fragile, i segnali sono inequivocabili. Quello che serve è una maggiore attenzione e rispetto per la natura.
Spesso però si agisce in maniera opposta.
C’è chi invoca i fondi del PNRR per ipotizzare nuove infrastrutture stradali o addirittura opere inutili e dannose qual è il teleriscaldamento (legato ancora al forno inceneritore di Valmadrera!).
Parlando di montagna, c’è chi vorrebbe utilizzare altri soldi pubblici per nuove piste da sci e innevamento artificiale, come ad Artavaggio o sul monte San Primo.

Invece i fondi andrebbero utilizzati piuttosto per prevenire il dissesto idrogeologico. Ma soprattutto bisogna evitare nuova cementificazione, per non mettere a rischio abitanti ed edifici.
Il risultato lo vediamo purtroppo in questi giorni in Emilia Romagna, dove la causa dei danni non sono le piogge torrenziali o i fiumi ‘assassini’ (sic!), bensì la dissennata gestione del territorio, ovvero le svalangate di cemento per capannoni, case, strade.
Tutto il territorio padano e pedemontano è a rischio; invece qui si concentrano le tre regioni più cementificate d’Italia, nell’ordine: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Bisogna dire stop al nuovo consumo di suolo, serve ridare spazio ai fiumi, occorre rispettare la natura delle montagne.
Questo lo diciamo dopo aver attraversato un anno e mezzo di gravissima siccità che, altrettanto, ha messo in ginocchio i nostri territori.
I segnali della natura vanno rispettati: dobbiamo attenerci alla conformazione del territorio e dare più spazio agli elementi della natura, in primis fiumi e montagne”.