Medfest, successo per l’evento sul “capitalismo umano”

Il capitalismo ha un’anima se sa superare l’individualismo mettendosi a servizio del bene comune. È questo il messaggio emerso con forza dalla serata di ieri all’Auditorium della Casa dell’Economia di Lecco, promossa nell’ambito di MedFest, il festival dedicato al Medioevo nelle provincie di Lecco e di Monza e Brianza.

Ad introdurla è stato il Sindaco di Lecco, Mauro Gattinoni: “Nel Medioevo l’uomo era un tutt’uno. Poi questa unità si è perduta. Riscoprire il Medioevo significa cercare nuove chiavi di lettura perché l’homo economicus possa riscoprire il perché di ciò che realizza. Noi Lecchesi siamo un po’ calvinisti, per la cultura del lavoro che abbiamo. Ma anche il lavoro come fede necessita di trovare un nuovo perché”.

Protagonista di questo incontro, molto intenso e partecipato (oltre 250 le presenze, con molti giovani fra il pubblico), è stato l’economista Luigino Bruni. Docente di economia politica alla Lumsa di Roma, fondatore della Scuola di economia civile e direttore scientifico di The Economy of Francesco, grande evento patrocinato da papa Bergoglio che coinvolge più di 2000 economisti e change maker del mondo, Luigino Bruni ha ricordato il profondo legame tra francescanesimo e nascita del capitalismo: “Quello che si determina nel Medioevo con l’avvento degli ordini mendicanti come i francescani e i domenicani è una vera e propria rivoluzione. In precedenza, Benedetto, con il suo “ora et labora”, aveva creato un’unità pratica fra il credere e il fare, dando una dignità al lavoro: una novità assoluta rispetto alla cultura classica, nella quale chi studiava non lavorava e viceversa; Benedetto crea così le premesse per un’economia dignitosa, lecita, possibile e buona. Dall’altro Francesco, scegliendo di non avere beni di nessun tipo e vietando ai suoi che perfino la comunità dei frati e il convento possiedano alcunché, determina una profonda rottura rispetto al primo monachesimo. Quando nel 1322 l’ordine francescano è costretto dal Papa a creare dei conventi, sceglie di collocarli nelle città: è qui che si crea un’alleanza tra mendicanti e mercanti”.

È una rivoluzione che Dante stesso non capisce, tanto è vero che nessun commerciante è collocato nel Paradiso e che l’Alighieri ha parole di fuoco per la «gente nova e i sùbiti guadagni». La comprende invece Boccaccio, che coglie come la fragilità legata all’incertezza del successo nel loro lavoro da parte dei commercianti sia una virtù perché la loro attività è necessaria allo sviluppo della città. E i francescani, per primi, rompono con la visione che sino ad allora faceva coincidere irrimediabilmente profitto e usura: “I francescani distinguono tra profitto lecito e profitto illecito, introducendo il concetto di giusta misura. Non a caso a loro si deve l’invenzione dei monti di pietà nelle città e dei monti frumentari nelle campagne. In questa visione il profitto è finalizzato a finanziare un prestito a favore dei più poveri”.

Questa visione innovativa sancisce una profonda differenza tra capitalismo meridiano e capitalismo calvinista, che prosegue anche oggi: “Nella cultura dell’Europa centrale e meridionale è presente anche nel capitalismo una vocazione comunitaria che nel calvinismo non esiste, perché profondamente individualista. La nostra cultura non distingue fra affari e beneficienza, esiste un coinvolgimento delle persone e una ricerca della giustizia in tutto il processo produttivo, non alla fine. Ciò non significa che – nel corso dei secoli – non si siano prodotte distorsioni pericolose (dal “familismo amorale” in là). Ma certamente c’è stata una spinta innovativa. Oggi dobbiamo ricreare questa spinta innovativa: non basta criticare l’individualismo, occorre pensare a nuovi strumenti e

nuove soluzioni in una visione comunitaria. Del resto l’impresa è di per sé una comunità, un’azione collettiva generativa”.

A portare la propria l’esperienza sul rapporto tra etica e profitto sono stati proprio tre imprenditori del territorio. Angelo Cortesi, fondatore della CO.EL. Srl, azienda metalmeccanica di Monte Marenzo, premiato quale “ambasciatore dell’economia civile” nel 2019 a Firenze, ha testimoniato il percorso della propria società, oggi certificata benefit. “Al capitalismo e all’impresa spesso manca l’anima. È soprattutto la turbo-finanza del terzo millennio ad incarnare l’individualismo, la dipendenza dal profitto a tutti i costi e il consumismo esasperato. Come piccoli imprenditori, ma prima ancora come persone, siamo preoccupati per le conseguenze che questo atteggiamento sta determinando a livello economico, sociale e ambientale”. E ha proseguito: “Sono convinto che chi fa l’imprenditore debba far crescere la propria azienda e il territorio in cui vive. Ha una responsabilità verso il fare impresa in modo etico. Noi lo abbiamo fatto: abbiamo smesso di produrre molle per il settore delle armi e rotto un rapporto trentennale con una banca che ci proponeva i pericolosi derivati; inoltre, investiamo i profitti nell’azienda, lavoriamo con imprese che condividono i nostri valori, utilizziamo tempi di pagamento corretti ed equi, siamo impegnati nel promuovere i valori dell’economia circolare. E ciò ha determinato un miglior clima aziendale, una miglior reputazione, una minore conflittualità con i nostri stakeholder. Ma anche una responsabilità complessiva verso il pianeta. Il capitalismo avrà un’anima se ciascuno di noi fa la sua parte”.

La responsabilità e l’impegno per il territorio è stata anche la chiave di lettura proposta dall’AD di Agomir, Mario Goretti: “La passione per il territorio è il vero motore del nostro fare e le radici sono l’elemento che sta alla base della mia scelta personale imprenditoriale. Io sono stato richiamato ad un impegno nell’azienda di famiglia proprio da queste radici. Se guardiamo il territorio in cui viviamo e facciamo impresa scopriamo che c’è tanta bellezza da valorizzare”.

Da ultimo è intervenuto Marco Canzi, presidente di Acinque, multiutility del nord-ovest della Lombardia: “Nel nostro stesso modello societario e di governance è presente con evidenza il nostro essere espressione dei territori in cui operiamo. Se da un lato siamo un’azienda con 900 dipendenti, che deve fare profitto, dall’altro il nostro essere partecipati dagli enti locali territoriali ci porta a conoscere le esigenze e i bisogni dei territori e a sostenerne la crescita, investendo in servizi e infrastrutture per il loro sviluppo”. E ha ricordato i rapporti con le comunità locali, con l’università, con i centri ricerca e con il terzo settore, oltre alla visione orientata alla sostenibilità. “Fare impresa ci consente di rifertilizzare il territorio, restituendo ad esso risorse. E, in un mercato in cui le aziende hanno sempre maggiore difficoltà a competere, è grazie alla forza di un territorio e alla sua attrattività che può vincere la sfida”. E ha concluso: “Lavorare con e per il territorio è il nostro metodo, per costruire un vero capitalismo di comunità”.

Sabato 23 settembre (ore 17) a Villa Monastero di Varenna MedFest chiuderà con l’ultimo incontro dal titolo “Medioevo fantastico: il drago e altri mostri” a cui interverrà lo scrittore e giornalista Luca Frigerio.

L’ingresso per i partecipanti al convegni sarà gratuito. Chi volesse anche visitare i giardini della Villa potrà usufruire di un biglietto ridotto.