Todero, il grande ingegnere della Moto Guzzi. Lo ha ricordato la moglie

Durante le giornate del 102esimo motoraduno Guzzi, abbiamo avuto la fortuna di incontrare la moglie dell’Ingegner Todero, storico volto del marchio dell’aquila. La donna, una gentile signora novantaduenne, ci ha raccontato alcune chicche inerenti il marito.

Umberto Todero è un nome storico indissolubilmente legato a Moto Guzzi, noto e rispettato in tutto il panorama motociclistico mondiale. Assunto nel 1939 come disegnatore industriale e in seguito diventato il responsabile del reparto corse sotto la guida dell’ingegnere Carcano, Todero ha seguito da vicino tutte le vicissitudini dell’azienda Moto Guzzi, fino ai giorni nostri. È diventato una figura carismatica, un’icona che incarna il passato di un’azienda grande e gloriosa.

Ci sarebbero molte parole per descrivere Umberto Todero, per raccontare i suoi 66 anni dedicati a Moto Guzzi. Ci vorrebbero molte parole per narrare i meravigliosi momenti trascorsi ad ascoltare “Umberto”, che affascinava il suo pubblico con storie e aneddoti legati alla sua vita in Moto Guzzi e alle esperienze durante la guerra. Queste storie erano ricche di amore, passione e anche di sofferenza, ma hanno insegnato molto, soprattutto ai giovani che, attraverso le sue parole, hanno scoperto un mondo unico e insuperabile.

Umberto è stato un uomo che, con la sua straordinaria semplicità, ha condiviso un bagaglio di conoscenze preziose, insegnando soprattutto a coloro che lo hanno ascoltato e conosciuto. La sua eredità continua a vivere nel mondo delle moto e della meccanica, e il suo contributo rimarrà un tributo indelebile alla storia di Moto Guzzi e al mondo delle due ruote.

“La passione per le moto l’ho lasciata a mio marito, a me piace la lirica e le auto”- Ha scherzato la signora Todero- Mio marito diceva sempre che lavorava per difendere il lavoro italiano, e sapete, di questi tempi è importante, stiamo perdendo terreno in questi ultimi anni. Posso dire che era una persona modesta a cui non piaceva dare tanto nell’occhio. Non era altezzoso. Diceva che doveva per forza lavorare per la Guzzi perchè gli ha salvato la vita. Avrebbe dovuto andare il guerra ma grazie all’azienda è riuscito ad evitarla. E’ entrato in Guzzi il 6 marzo del 1939. Un giorno mi disse se non fosse il momento di smettere di cantare, io allora scherzosamente gli dissi:”Bhe, allora tu smetti di andare in Guzzi”, al che siamo scoppiati a ridere, c’era proprio una bella intesa tra noi. Lui alle sei del mattino andava in ufficio, credo sia l’unico uomo che ha passato tutti quegli anni in Guzzi insieme a Carlo Guzzi, al Dott. Parodi e all’ingegner Carcano.

“Sono davvero orgogliosa nel vedere tutte queste moto, qui si vede tutto il lavoro italiano e lo dobbiamo difendere. Qui ci sono tutte opere italiane, perchè le dobbiamo dimenticare? Le moto giapponesi lasciamole al Giappone”- Ha chiuso sarcasticamente, ma non troppo-