Oltre 7.000 chilometri a piedi lungo il Sentiero Italia: l’impresa della meratese Sara Bonfanti

Intercettata dalla nostra redazione, Sara ha raccontato il suo viaggio svelando aneddoti ed elargendo consigli ai futuri escursionisti.

Costanza, grinta e intraprendenza hanno caratterizzato l’avventura a lieto fine di Sara Bonfanti, meratese di Pagnano, ora stabilmente a Verona per motivi lavorativi. Sara, partita il 17 maggio da Muggia, ha percorso in sette mesi il Sentiero Italia CAI (che dalle Alpi agli Appennini attraversa tutto il territorio italiano, ndr) macinando chilometri e concludendo il lungo viaggio lo scorso 17 dicembre con l’arrivo a Santa Teresa di Gallura nel nord della Sardegna esattamente presso la chiesa della Madonna del Buon Cammino.

Domanda e risposta, la nostra intervista a Sara Bonfanti

Intercettata dalla nostra redazione, Sara ha raccontato il suo viaggio svelando aneddoti ed elargendo consigli ai futuri escursionisti.

Com’è nata l’idea di raggiungere questo traguardo?

«L’idea mi è nata circa quattro anni fa quando ho cercato dei sentieri in Italia e trovato sulla cartina la mappa del Sentiero Italia CAI. Vedendo questa cartina è stata come un colpo di fulmine: i miei occhi si sono accesi subito e mi stavo già immaginando in giro con lo zaino su per le Alpi e nei posti dell’Appennino. Ho avuto subito questa esigenza di partire e di fare questo lungo cammino. Da subito mi sono detta: “Lo farò tutto in una volta e in solitaria”. Questi anni mi sono serviti perché ai tempi, circa quattro anni fa, non c’erano ancora le tracce GPS tutte caricate. Il CAI stava iniziando a ridare vita a questo sentiero. Quindi ho dato tempo al CAI di tracciare in maniera più definita questo sentiero e nel frattempo ci sono stati dei ragazzi che hanno fatto prima di me questa impresa. Quindi ho avuto tempo di andare a conoscerli, di documentarmi e chiedere loro tutte le informazioni possibili. Ho preso l’occasione del mio 40esimo compleanno, dato che a Ferragosto ho compiuto 40 anni, per farmi quindi un bel regalo di compleanno».

Ha avuto un momento di titubanza prima di intraprendere questo percorso?

«Si, qualche mese prima di partire. Mi stavo un po’ tirando indietro considerando che per due anni il lavoro era mancato. Stavo avendo un po’  di dubbi ma alla fine mi sono detta “Lo vuoi fare? Parti e via!”. Più ci pensavo e più il pensiero di questo percorso diventava un’esigenza e una necessità. Durante il cammino, invece, non ho mai avuto un giorno di ripensamento.

Ha mai effettuato percorsi simili?

«In montagna ci sono sempre stata sin da bambina, quindi conosco l’ambiente montano e alpino perché pratico alpinismo, anche invernale, arrampicata e trekking. Cammini ne ho fatti: il GR 20 (Il Grande Randonnée 20, ndr), il tour del Monte Rosa, Santiago de Compostela e la Via Francigena. Questo sentiero non è paragonabile a un cammino come può essere Santiago: questo è un trekking di lunga percorrenza e di alta montagna perché si sta sulle Alpi sempre ad alte quote tra i 2000 e i 3000 metri, e sugli Appennini si cammina sempre sui dorsali. Non si passa mai nelle grandi città, quindi è proprio un’altra concezione. Se uno non mastica alpinismo diventa un po’ dura».

Un consiglio ai giovani escursionisti che vorrebbero cimentarsi in avventure di questo tipo?

«Il primo consiglio che posso dare è conoscersi: quindi sapere le proprie possibilità e di conseguenza i propri limiti. Conoscere il sentiero che si vuole andare a fare, essere coscienti di dove si andrà a camminare e recuperare più informazioni possibili che siano i vari punti di appoggio, i punti d’acqua, le condizioni meteo. Informarsi prima dalle persone che hanno svolto lo stesso percorso. Più si conosce e meglio è».

Com’è stato l’impatto con gli animali?

«Con gli animali selvatici non ho mai avuto problemi: loro hanno paura dell’uomo e scappano prima di incontrarci. Di cinghiali ne è piena l’Italia, ma li ho solo intravisti da lontano. Neanche l’ombra di lupi e orsi. Ho prestato molta attenzione ai cani pastore. Bisogna stare lontano dal gregge e allontanarsi dal loro raggio di “lavoro”: aggirare il gregge molto alla larga. Nessun problema se il pastore è lì. Di cani randagi ne ho incontrati ma o soli o massimo in due, e non mi hanno dato problemi».

Un aneddoto dell’impresa?

«Allora io avevo la tenda, quindi sono stata sempre in autonomia. Quando non avevo voglia di piantare la tenda arrivavo nel paesino o nei vari micro borghi. Arrivavo nei bar e iniziavo a parlare con le persone del posto. La cosa bella è che ho sempre trovato un posto dove dormire perché c’è sempre stato qualcuno che mi ha ospitato. Mi reputo molto fortunata perché ho incontrato gente accogliente con la voglia di darmi una mano e non solo: anche un goccio d’acqua, pane, uova e addirittura vasetti di marmellata. In tutta Italia ho incontrato sempre gente che all’occorrenza mi rifocillava sia di cibo che “di spirito”».

Il suo prossimo obiettivo da raggiungere?

«Adesso non ho in mente di fare dei cammini lunghi. Farò sicuramente alpinismo, più cose tecniche: quindi più alta montagna, magari da dedicarmi in primavera alle vie di roccia». Alla prossima avventura…