Dimissioni Ballabio, per “Territorio e Identità” il vero motivo non è la delibera per la scuola

Dimissioni pretestuose da colpo di scena. Così le definiscono quelle dell’ex sindaco di Ballabio Giovanni Maria Bussola i tre ex consiglieri di maggioranza Marco Pedrazzini, Alessandra Consonni e Luca Pirovano, riuniti nel nuovo gruppo “Territorio e Identità”.

«Nello scorso consiglio comunale per tutta la seduta abbiamo garantito la tenuta della maggioranza, nel cui programma ci riconosciamo, consentendo l’approvazione di delibere su questioni di Bilancio e altra rilevanza, ma abbiamo ribadito la necessità che non vengano meno le misure comunali di sostegno delle famiglie e votato un emendamento al riguardo. Prima del Consiglio ci eravamo chiesti come mai Bussola avesse messo all’ordine del giorno anche un paio di delibere improponibili, quali quella sul trasporto pubblico e sulle borse di studio, eliminando i parametri Isee. Ora lo sappiamo. Era certo che ci saremmo smarcati e lui avrebbe colto la palla al balzo. Infatti, il problema serio non è l’emendamento che in coscienza siamo stati costretti a votare, ma è sempre la nostra presenza in Consiglio per i motivi ormai noti».

Il vero motivo della rottura è lindustrializzazione del Barech

I tre poi attaccano la lista che sosteneva il sindaco: «Non si è mai visto un sindaco dimettersi per un emendamento a una delibera di sostegno al trasporto scolastico. Ora Bussola, dopo le dimissioni, punta alla rielezione e a disporre, fra pochi mesi, di una squadra che non gli crei problemi sulla industrializzazione del Barech, visto che intorno a questa faccenda si è avuta la rottura col capogruppo di maggioranza e con ben tre assessori dei 4 iniziali. Quanto prema l’operazione Barech al sindaco, che aveva incontrato rappresentanti della ditta Combi in campagna elettorale, è sotto gli occhi di tutti, al punto da spingerlo a invitare parlamentari e consiglieri regionali e provinciali sul territorio a supporto dell’operazione”.

Quindi concludono «Il sindaco è stato responsabile di aver sfasciato una maggioranza di ferro, negando trasparenza ai suoi più stretti collaboratori. Sotto questi e altri aspetti fallimentari, le sue dimissioni appaiono ben più serie e comprensibili dell’emendamento a una delibera»