La Giustizia riparativa funziona”, pienone a Merate per la Cartabia

“Partito tutto da un gol sbagliato. Un quartiere con degli esempi nocivi. Troppe pressioni che ti fanno sentire vuoto: quando sei adolescente e hai queste sensazioni fai di tutto per farti vedere, per farti sentire apprezzato” ha raccontato Daniel Zaccaro oggi edicatore ma con un passato da detenuto.

Una chiacchierata molto riflessiva e stimolante quella di ieri sera, venerdì 17 giugno, all’auditorium Mary Ward di Merate. Ospiti della serata la ministra della Giustizia Marta Cartabia, il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione Rino Fisichella e l’educatore Daniel Zaccaro, il tutto mediato dal Presidente della Fondazione Costruiamo il Futuro, Maurizio Lupi.

Dalla sensazione di fallimento ai libri

Nato in un quartiere violento, Quartoggiaro, dove gli esempi non erano sicuramente gli insegnanti stanchi del loro lavoro, ma i criminali che giravano con i macchinoni, Zaccaro ha raccontato il suo percorso di reddnzione: ”Quando non hai nulla da perdere, i tuoi genitori ti fanno sentire fallito per non essere riuscito a diventare calciatore, e tutto ciò che ti circonda ti porta su una strada sbagliata pensi solo al fare la cosa grossa per sentirti uno di loro, stimato e apprezzato”.

“Poi l’arresto, gli anni che passano, il mondo che va avanti dimenticandosi di te. Hanno provato l’inserimento in comunità ma se non sei pronto è tutto inutile- ha proseguito- Sono uscito dalla prigione minorile dopo tre anni e dopo 1 anno e mezzo sono stato arrestato di nuovo, quasi innocente, ma questa volta al carcere di San Vittore”.

La vita di Daniel è sempre stata caratterizzata da una serie di incontri, prima quelli sbagliati e poi un brigadiere che si è fidato di lui, Don Claudio che gli ha insegnato il piacere di essere ascoltati e Fiorella, l’insegnate del carcere che lo ha rimesso sulla giusta via e lo ha convinto a iniziare a leggere e a iscriversi all’Università Cattolica di Milano.

“Ora sono qui, i libri mi hanno salvato. Io dovevo qualcosa a quelle pagine. Ho scritto allora io il mio libro perché spero che la mia storia possa far riflettere”.

“Queste parole sono balsamo – ha detto la ministra Marta Cartabia – la giustizia per Daniel e molti come lui ha funzionato. Serviva la legge a dare lo stop a Daniel, sennò nulla lo avrebbe più fermato. Quando sento queste storie, mi rendo conto che per i detenuti inizia una seconda vita, si comincia da capo e si deve tornare a vivere”.

Il percorso di vittime e carnefici

Ha poi proseguito: ”sogno che vittime e carnefici facciano un percorso insieme. Ogni volta che noi pensiamo al criminale o che si apre un processo, si guarda solo al lato della punizione, ma manca qualcosa. Difficilmente si pensa alla vittima, alla sua storia e a come si senta effettivamente. La pena si ha nel momento in cui si ferisce una persona, ma quella persona poi resta sempre addolorata”. Il dibattito di ieri sera ha aperto un punto importante: cercare l’incontro tra il ferito e colui che le ha inflitto il dolore, per cercare il perdono.

“Non c’è giustizia senza perdono – ha detto Rino Fisichella – la giustizia non è solo quella con la legge, prima di una giustizia giuridica è necessario che ci sia una giustizia etica. È importante lavorare sulla misericordia e sul perdono. Un processo lungo, lento e graduale ma che con tutti gli aiuti disponibili può portare al perdono e alla vera giustizia”.