Giallo di Perledo, la famiglia Ongania non si arrende. Ricerche volontarie

Le ricerche ufficiali per trovare Alberto Ongania, il cinquantatreenne di Perledo affetto da epilessia e sparito di casa l’11 novembre (per cui ormai si teme il peggio ) si sono fermate da giorn. Ma la famiglia non si arrende e continua insieme alla Protezione civile, dotata anche di drone, a cercare Alberto.

Intanto il fratello Renato oltre ad aver avviato uno sciopero della fame e una raccolta firme per cambiare la legge sulle procedure per gli scomparsi in modo da acquisire i tabulati del fratello, in deroga alla Legge, essendo invalido civile e malato, adesso si è anche autodenunciato ai carabinieri. «Ho rilasciato una dichiarazione spontanea in cui ho informato le autorità che nei giorni precedenti ho violato la Privacy di Alberto, nel suo interesse, nel tentativo di assistere le forze dell’ordine impegnate nelle ricerche, loro stesse hanno avuto accesso al computer di Alberto, alla sua corrispondenza e-mail e quant’altro nel tentativo di rintracciarlo. Non avrei, e forse non avremmo, potuto farlo in base alla legge? Ma cosa è giusto fare: cosa è più importante, tutelare la vita o tutelare la privacy? Lì per lì, nessuno ha avuto dubbi: tutelare la vita. Ha prevalso il buonsenso», ha spiegato.

«A distanza di 10 giorni dalla sua scomparsa, stante l’impossibilità di accedere ai tabulati telefonici perché non sono prefigurabili ipotesi di reato, ho fatto di più: ho tentato di avere da PosteMobile un rendiconto delle sue chiamate in uscita relativamente al giorno della sua scomparsa, paradossalmente non ancora disponibili. Ho firmato un modulo di richiesta apponendo la mia firma senza specificare che agivo per conto di mio fratello e mandato la richiesta via fax. Ho segnalato la mia condotta, che viola il DPR 445/2000, auto-denunciandomi, e segnalato anche che ho disatteso il Codice sulla Privacy andando a cercare nel suo computer elementi per poter capire dove fosse finito mediante il tracciamento di Google, entrando nel suo account. Ho segnalato di aver concorso sia ad aprire la sua corrispondenza, sia a tentare di richiedere al suo operatore telefonico (per conto di Alberto) le chiamate effettuate il giorno della sua scomparsa. Ho successivamente corretto tale condotta ‘penalmente rilevante’ citando l’art. 4 del DPR 445/2000 per non trarre in inganno PosteMobile spa e facendo presente che sono stato io a richiede le chiamate telefoniche in uscita dell’utenza di Alberto, poiché ‘impossibilitato’».

Intanto la famiglia è in attesa di una risposta del Presidente Mattarella a cui hanno scritto per lo stesso motivo.